Di potatismos, viKi-scuola e bandiere.

Sto latitando in questo periodo, perché voi pensate che io sia una nullafacente (che in realtà poi è anche vero), però cari miei sappiate che anche i nullafacenti attraversano il periodo-sessione-d’esami, e in quei periodi è meglio sospendere l’autocompiacimento verso le proprie stronzate e fare qualcosa di utile.

Vabbè ok, la mia resipiscenza è durata come un gatto sull’Aurelia, dato che mi sono appena messa a scrivere ‘ste cazzate.

E quindi alé, si parte, e oggi parliamo del (o della) potatismos, o meglio del purè di patate. Potatis = patate; mos = purea.

Potrei anche non insegnare a nessuno a fare il purè, e sembrerei meno ridicola, ma siccome quello italiano non l’ho mai fatto (l’unica al mondo, aggiungerei) metto la ricetta lo stesso perché sia mai che quello svedese sia diverso. Si vede che sono poco creativa in questi giorni, vero?

Vi giuro, la prossima ricetta sarà meno inutile. D’altronde scusate, esiste anche il purè nel mondo, poverino. E poi in Svezia lo infilano praticamente nel biberon ai bambini, quindi è un must della cucina viKi. (Ah, attenzione, in Svezia è altresì molto frequente aggiungerci il ketchup, io vi prego, se mi volete un pochino di bene, di non farlo).

Ho pensato giorni e giorni ad un argomento da collegare al purè per questo post… e non ho trovato niente. Dei mille modi di chiamare le patate ve ne ho parlato qui, così come dell’Accademia della patata… Ho fatto le solite battutine idiote sulla patata (così come non mi sono persa neanche la fika, tranquilli), e mi sono detta da sola di essere una grande simpaticona.

Per cui ora mi guardo intorno mestamente e ammetto con tutto il candore di questo mondo che non riesco a pensare a niente da dirvi che si possa ricollegare al purè. Vuoto totale. Encefalogramma piatto.

In realtà vorrei tanto parlare di una cosa che non c’entra proprio nulla con le patate, e a tal proposito vi sbatto in faccia il fatto che l’altra sera la mia amica Gemma mi ha detto di fottermene di cercare collegamenti e mi ha consigliato di fare un po’ come cazzo mi pare. Quindi con la benedizione della Gemma vi parlerò della scuola svedese.

Sì, scuola svedese & purè di patate, avete sentito bene. Se c’è qualcosa che non vi torna, andatevi a leggere il blog di Benedetta Parodi e non mi rompete le scatole, io so quello che faccio.

Quali sono le prime associazioni mentali quando pensate alla scuola in Svezia? Bene, non ne ho idea, ma so di sicuro che saranno sbagliate

Schemino della scuola dell’obbligo svedese

Il sistema scolastico svedese infatti somiglia molto a quello italiano, quindi è inutile che vi fate tante pippe mentali su come potrà mai essere la scuola nel regno del Welfare. E’ più o meno la stessa zuppa, anche se nettamente diversa è la scansione dei livelli scolastici all’interno della sua durata complessiva. In Italia (cosa ve lo dico a fare?) abbiamo 5 anni di elementari, 3 anni di medie, 5 anni di superiori. In Svezia invece 3 anni di livello inferiore, 3 anni di livello medio, 3 anni di livello superiore, 3 anni di ginnasio.

Eh sì, in Svezia si studia un anno meno, e si entra a scuola a 7 anni. Immagino la pacchia per i ragazzini.

Nei primi anni di scuola elementare e media le differenze tra Svezia e Italia sono minime. Maestro unico alle elementari, scuole private con finanziamenti dallo Stato, maestre donne sia per tradizione sia perché i salari sono più bassi, etc. Cose a cui siamo abituati anche noi terroni, insomma…

Cosa a cui non siamo abituati invece sono: 1) non è la scuola a decidere di bocciare un bambino, ma i genitori (LOL) 2) si può avere come insegnante il proprio genitore (altro LOL).

La scuola superiore invece è abbastanza diversa: non c’è un aula fissa ma ci si sposta di aula in aula a seconda della lezione. In realtà questo lo facevo anche io, però non vale, perché io ho fatto un Istituto d’Arte, e quindi ero figa. Tutti gli altri che non hanno avuto l’onore di essere fighi come me hanno avuto l’auletta sgrausa con sopra scritto il nome della classe. Ben vi sta.

Altra cosa FONDAMENTALE: non c’è l’esame di maturità! E yuhuuuu, altra pacchia.

Immaginatevi adesso di avere un fischietto tricolore al collo. E ora vergognatevi pure.

La fine della scuola (detta studenten) in Svezia infatti consiste semplicemente in: mettersi un cappellino da marinaio in testa (studentmössa: Wikipedia mi dice che mössa vuol dire toque… boh, ai mi’ tempi si chiamava “cappello”), fare casino, sbronzarsi (strano), molto frequente è finire la giornata con delle celebrazioni in chiesa (eh sì, questi problemi ce li hanno anche lassù), e poi altrettanto comune è vestirsi da damerini anacronistici per il ballo di fine anno. Sì, la puttanata americana del ballo di fine anno c’è anche in Svezia, e il mio Jansson l’ha fatto. Ve lo dico solo perché se lo incontrate dovete prenderlo per il culo per questo, davvero, se lo merita 😉

Altra cosa della festa di fine scuola: ognuno si porta addosso da qualche parte, ci addobba la propria casa, ci farcisce le torte, e si tatua anche sulla pelle, magari, l’onnipresente bandiera svedese. Sì, in Svezia ti abituano fin da piccolo a questa associazione pavloviana: festa = Svezia. Poi uno si meraviglia che sono nazionalisti a manetta, per forza, da quando sei nato ti installano nel cranio un chip giallo e blu. Comunque della storia delle bandiere in-tutti-i-modi-in-tutti-i-luoghi-in-tutti-i-laghi, ne riparleremo presto, perché è un discorso che merita approfondimento.

Tizio che si trascina addirittura il bandierone a giro.

Non vi sto invece a parlare del livello qualitativo della scuola perché 1) scio segam 2) dipende troppo da città e città e da scuola e scuola 3) allo stesso modo che in Italia ci sono punte di scuole buonissime e punte di scuole di merda 4) non ne ho voglia.

La cosa di cui vi voglio invece parlare è del periodo in cui si va a scuola.

Dunque, l’anno scolastico inizia il 20 Agosto! Poveracci! E’ anche vero che se non hai l’estate cosa te ne frega di stare a romperti a casa? Meglio la scuola. Finisce il 15 giugno anche da loro, ma hanno più feste durante l’anno scolastico. Pasqua, Natale e fin qui ci siamo. E poi Ascensione, Pentecoste, vacanze di primavera (una settimana a fine febbraio) e vacanze d’autunno (una settimana a fine novembre).

E parliamo così delle vacanze di autunno… Anche in Danimarca i ragazzetti a scuola hanno questa settimana di kazzing estemporaneo, e indovinate da cosa viene? Dalla raccolta delle patate!! E così frego la Gemma e vi trovo anche l’aggancio con la ricetta.

Praticamente da che mondo e mondo, i bambini in Europa hanno lavorato fino all’altro giorno, no? E in tutte le scuole d’Europa nel periodo dei raccolti a scuola i bambini non ci andavano, perché stavano a π/2 a vangare la terra. Ecco, se da noi i bimbi raccoglievano il grano, mettiamo, in Svezia i bambini raccoglievano le patate.

Quindi questa vacanza venne introdotta nelle scuole per permettere ai bambini di raccogliere le patate senza perdere le lezioni. Che dolci, vero?

E da qui, facendo un altro volo pindarico, vi posso anche dire che per il purè NON si devono usare le patate fresche, ma preferibilmente quelle farinose (tanto andate tranquilli perché in Italia le patate del supermercato fanno tendenzialmente cagare e sono tutte farinose), altrimenti il purè sembra dentifricio.

Questa perla di saggezza viene dalla Jansson superiora, ovvero la mmmadreeee di Sua Biondezza, che in cucina ne sa una più del diavolo, e tra l’altro mi ha recentemente dato una ricetta spettacolare, tipica di un posto spettacolare. Devo ancora farla, quando la smetto di non-studiare ve la faccio.

Dai, dopo una ricetta pallosa come il purè, dovevo stuzzicarvi un po’…

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:

  • 12 patate
  • 50 gr. di burro
  • 250 ml di latte intero
  • 50 ml di panna fresca
  • sale
  • pepe bianco
  • noce moscata

PREPARAZIONE:

Sbucciare le patate e bollirle normalmente. Magari fatele a pezzetti prima, così ci vuole meno tempo (vedi: consigli pleonastici).

Asciugare le patate e rimetterle in pentola, schiacciarle e aggiungere il burro, il latte e la panna.

Aggiustare di sale, di pepe e di noce moscata.

Potatismos pronto/a!

Buon appetito!

I.